"....Ride di gigli e rose ogni pendice, D'un zeffiro vital l'aura felice Rinverde ognor la sponda innamorata;..."
giovedì 11 ottobre 2007
Quando la Calabria era la Detroit del Sud
Le distillerie
In Calabria era già sviluppata dai primi dell'Ottocento la distilleria del vino e della frutta per la produzione di spirito. Le fabbriche del settore, soprattutto reggine e cosentine, pur se di piccole dimensioni, avevano conquistato un mercato che, spesso, superava i confini regionali.Tra le distillerie ancora superstiti, attive piu' a lungo ed interessanti architettonicamente, c'è quella Mazzorano di Gioia Tauro. Realizzata verso la fine del 800 per la lavorazione delle sanze, raggiunse in breve una dimensione rilevante con oltre 6.000 metri quadrati di superfice. Ceduta alla Societa' Calabro-Lombarda, fu infine acquisita dalla Gaslini agli inizi del 1930 e resto' attiva fino alla guerra mondiale. L'impianto ed alcuni particolari architettonici sono di grande interesse. La fabbrica costituisce uno di quegli esempi di "archeologia industriale" per i quali è auspicabile il restauro ed il recupero per attivita' sociali in modo da contrastare il degrado che in breve finirebbe per distruggerla.
Le fonderie
Nel bel museo napoletano voluto da Riccardo discendente di Carlo Filangieri, sono conservate importanti testimonianze della cultura e delle arti meridionali. Cimeli di famiglia si mescolano a testimonianze che furono parte della storia dello sviluppo dell'industria nel meridione ed in Italia. Qui sono conservati i quadri commemorativi dei primi due ponti sospesi italiani, costruiti nel 1829 sui fiumi Garigliano e Calore, le cui strutture di ferro furono realizzate in Calabria. Catene, maglie, bulloni progettati dall'ingegnere napoletano Luigi Giura furono fusi nella fonderia statale di Mongiana ed in quella privata fondata nel 1824 dal principe Carlo Filangieri di Satriano, a Razzona di Cardinale. La ferriera dei Filangieri si inseri' nell'antica tradizione di fonderie calabresi, attive gia dal 1000, e che, dalla fine del 1700 aveva avuto un vigoroso impulso con la fondazione del nuovo centro siderurgico governativo di Mongiana, nei boschi delle Serre, che lavorava il minerale di ferro estratto dalle miniere di Pazzano. E fu proprio la presenza di abili artigiani per la lavorazione del ferro che permise ai Filangieri di stabilire in Calabria una ferriera, poiche', come privato, non poteva utilizzare il minerale, estratto dalle vicine miniere statali di Pazzano, e fu quindi costretto ad importarlo dall'isola d'Elba. Ma nonostante il considerevole onere del trasporto della materia prima, la ferriera crebbe rapidamente, iniziò con una sola fucina a tre fuochi, e via via si ampliò: dopo soli 10 anni aveva 3 fucine ad 8 fuochi ed un maglietto, con circa 200 operai addetti nei diversi settori. La ferriera fu quasi completamente distrutta dall'alluvione del 1855; restata inattiva per alcuni anni, fu infine venduta con i boschi che la circondavano e che erano serviti ad assicurarle la legna per ralimentazione dei forni. Si producevano soprattutto pani di ferro che venivano poi trasportati a Napoil per essere trasformati. In alcuni casi, pero', come per i ponti, la fonderia produsse manufatti completi. Come dicevano i francesi "Pas de fer sans foret" -- "Niente ferro senza foresta". Infatti renorme quantità di legna che trasformata in carbone, serviva alle fucine delle ferriere, gia' alla fine del 1500 aveva richiesto il sacrificio di grandi estensioni di boschi. E, ogni volta, le ferriere, per non allontanarsi troppo dai boschi, erano costrette a rincorrerli, itinerando sul territorio. Anche in Calabria, le antiche ferriere statali di Stilo, gia funzionanti sotto il governo angioino, aragonese, e poi durante il vicereame spagnolo, erano in uno stato di agonia per l'eccessiva lontananza di boschi ancora vergini. Per porre fine a questo stato di precarieta' e per poter realizzare una moderna e complesssa fonderia stabile, che richiedeva un investimento oneroso, Ferdinando IV di Borbone decise di crearne una nuova. La commisslone incaricata di stabilire la nuova località, scelse la confluenza di due fiumi, l'Alaro ed il Ninfo, che potevano assicurare la forza motrice, al centro di una grande estensione di alberi secolari di faggio e abeti, in una zona a cavallo tra i due mari, lo Ionio e il Tirreno. Iniziata l'8 marzo 1771, sotto la direzione di Francesco di Conty, la fonderia di Mongiana pote' dare i primi prodotti solo intorno al 1780. La costruzione aveva richiesto tempo: si dovette anche livellare il corso dei due fiumi per poter creare le cadute d'acqua necessarie a produrre il movimento di ruote e meccanismi dei processi di fusione. Il Gioffredo, architetto reale, progetto' queste opere idrauliche. Dalle viscere dei monti di Pazzano veniva estratto il minerale di ferro che era poi trasportato a Mongiana. Per migliorare le tecnologie, il governo invio' da Napoil a Mongiana gli scienziati Tondi, Melograni, Savaresi e Faicchio, reduci da un viaggio di aggiornamento in alcune tra le piu' industrializzate nazioni europee, Inghilterra, Francia, Sassonia. I sistemi di scavo furono migliorati e furono aperte nuove gallerie che si rivelarono molto ricche. Si riorganizzo' la forestazione e la carbonizzazione, regolamentando il taglio dei boschi secondo cicli che rispettavano i periodi della riproduzione. I sistemi che ancora oggi usano i carbonari delle Serre sono sorprendentemente simili a quelli descritti dai botanici agli inizi del 1800. I successivi eventi politici, (la Repubblica napoletana del 1798 e l'inizio dell'era murattiana) ebbero un'influenza negativa sull'attivita manufatturiera del Regno ed anche su Mongiana.Eppure fu proprio Gioacchino Murat ad imporre il decollo di Mongiana. Costretto dal blocco francese a dare impulso alla siderurgia, settore vitale per l'economia e l'indipendenza del Regno. Il paese sorto intorno alla fonderia in quel decennio si sviluppo' rapidamente con la costruzione di nuovi edifici e di abitazioni per gli operai. NeI 1814 Mongiana triplicò la sua precedente produzione ed arrivo' a 14.000 quintall di ferro, mentre fu decisa la costruzione di una fabbrica per componenti di fucile da assemblare poi nella Fabrica d'Armi di Torre Annunziata. Dopo il breve e fortunato periodo napoleonico, al ritorno dei Borboni subentro' un primo periodo di assestamento politico che raffreddo' nuovamente le iniziative industriali de Regno. Ma dal 1820 vi fu un cambio di tendenza nella politica del governo e la ripresa divenne sempre piu' consistente.Con Ferdinando II, nel 1830, per il paese inizio' un periodo di operosita' in un clima di riconquistata stabilita politica, pur se contrastata da ingerenze straniere, dell'Inghilterra soprattutto, che aveva in concessione lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo siciliani e del carbon fossile calabrese, e che mal vedeva il rafforzarsi del Regno napoletano. Al fervore di iniziative promosse da giovane sovrano aderirono anche i privati. I settori tessile e metalmeccanico, in modo particolare, ebbero un rapido sviluppo, grazie anche al cospicuo afflusso di capitali stranieri che seguivano con interesse la politica economica del Regno ed i suoi progressi tecnologici. Nel Napoletano si consolido' la cantieristica col varo di numerose navi, tra cui "Il Ferdinando", primo vascello a vapore italiano. Mongiana benefico' di questa espansione delle manifatture e dei consumi, ed alla fonderia, nuovamente ampliata verso la fine del 1840, si affianco' il completamento della fonderia succursale della Ferdinandea, vicino Stilo, un interessante complesso dall'elegante disegno planimetrico, con reparti produttivi, appartamenti reali e per la truppa. Oggi, purtroppo, raccesso al complesso e' proibito dalla Societa' che lo ha di recente accquistato impedendo la visita ad uno dei monumenti piu' suggestivi ed interessanti della regione. Anche la viabilita' fu migliorata e fu aperto un nuovo tracciato per il porto di Pizzo, da cui venivano imbarcati i prodotti. Furono realizzate complesse opere di ingegneria e fu migliorato e completato il grande collegamento viario Napoli-Reggio che, fino all'apertura dell'Autostrada del Sole e' restato l'unico asse a unire la Calabria e la Sicilia al centro Italia.
Le armi
Lo stabilimento si arricchi' di una moderna ed elegante Fabbrica d'Armi, progettata nel 1852 dall'architetto Domenico Savino influenzato dal neoclassicismo allora di moda anche negli ediflci industriali. Particolarmente nuovo ed interessante e' l'uso della ghisa per la realizzazione delle colonne dell'atrio come simbolo delle attivita' dello stabilimento, quasi un'immagine pubblicitaria. La nuova Fabbrica era divisa in tre edifici degradanti lungo la china del colle, addossati al corso del fiume Ninfo da cui ricavavano la forza motrice. Vi era l'officina per i "limitatori di pezzi da batteria", e per i "fucinatori di canne e armi bianche". Nell'edificio, oltre agli uffici ed ai depositi, vi era anche la scuola per i figli degli operai. Fino al 1858 i pezzi prodotti dalla Fabbrica erano spediti per rassemblaggio alla Manifattura di Torre del Greco. Dopo l'installazione di una macchina per rigare le canne, Mongiana invio' fucili completi, pronti ad entrare in dotazione ai vari corpi militari. II personale impiegato nella Fabbrica d'Armi oscillo' tra cento e duecento addetti mentre in tutto il complesso di Mongiana lavoravano quasi 1.500 operai. In parte gli operai erano assunti come "filiati", cioe' esentati dal servizio di leva, ma in cambio restavano in forza allo stabilimento per dieci anni; gli altri, invece, pur avendo un rapporto di lavoro libero, regolato da reciproci diritti e doveri, erano obbligati a costruirsi l'abitazione a proprie spese. II villaggio, per la sua importanza strategica, era sotto il controllo del Corpo di Artiglieria, al cui comando vi era un colonnello con la funzione anche di sindaco. Durante il periodo borbonico, nonostante il governo non fosse particolarmente indulgente con il ceto operaio, le condizioni di vita degli addetti a Mongiana ed alle miniere di Pazzano non raggiunsero mai i livelli quasi sempre drammatici di altre nazioni, sia in Italia che in Europa. Manco' totalmente lo sfruttamento delle donne ed il lavoro minorile fu limitato a funzioni gregarie, con orari di lavoro ridotti. I ruderi della Fabbrica d'Armi, distrutta dapprima dall'alluvione del 1854 e poi dall'abbandono nel quale precipito' lo stabilimento dopo l'Unita' d'Italia, sono appena una pallida memoria, sconosciuta agli stessi calabresi d'oggi, di quelli che furono i successi ottenuti da Mongiana in fiere ed esposizioni a Napoli, Firenze, Londra. La fonderia con i suoi tre altoforni, tra i piu' alti dell'intero panorama siderurgico italiano dell'epoca, e con le modernissime macchine a vapore importate dall'Inghilterra, reggeva bene il confronto in campo nazionale, e sfornava circa 4.000 quintali annui di ghisa, il 20% del totale prodotto nel Regno delle Due Sicilie. Chiusa la Fonderia dopo l'Unita', la Fabbrica d'Armi fu dapprima declassata ad officina riparazioni e poi chiusa anch'essa. Nel 1873, infine, l'insieme degli stabilimenti venne ceduto all'asta a privati e comperato dal garibaldino Achille Fazzari.
Autore: Gennaro Matacena
mercoledì 12 settembre 2007
RIECCOMI !!!!
mercoledì 25 luglio 2007
Gli incendi continuano a non dare tregua
IL FUOCO continua a non dar tregua. Anche ieri, come negli ultimi due giorni, si sono registrati numerosi incendi che hanno mandato in fumo migliaia di ettari di vegetazione su tutto il territorio della periferia di Reggio Calabria e della sua provincia.
Già dalla mattinata di ieri il centralino del 115 è stato preso d'assalto da decine di segnalazioni per le fiamme sviluppatesi dalle sterpaglie; in alcuni casi, però, l'incendio si è alimentato al punto che le lingue di fuoco hanno raggiunto le abitazioni. Tre i casi più gravi: Cardeto, Mosorrofa e Motta San Giovanni.
La pineta nella vallata di Mosorrofa non esiste più. Due giorni fa il fuoco aveva già “visitato” la vallata, ieri ha completato l'opera. L'incendio è cominciato intorno alle ore 9 dalla zona della vecchia falegnameria, già distrutta anni fa dalle fiamme. La situazione diventa critica quando il fuoco raggiunge gli alberi della pineta. Le fiamme risalgono la vallata e arrivano a lambire le abitazionidella dirimpettaia Vinco.
Alle ore 17 Mosorrofa ancora un campo di battaglia. La collina su cui si abbarbicano le abitazioni è avvolta da una nebbia pungente, l'odore acre del fumo si insinua nei polmoni. Lungo le stradine irte si stagliano i grossi automezzi dei vigili del fuoco. Pochi metri per raggiungere l'area della vallata.
Ogni fontanella, ogni secchio, ogni pompa da giardino viene utilizzata dagli abitanti di Mosorrofa per aiutare i vigili del fuoco. Giovani, adulti, perfino le donne anziane si rendono utili, porgendo
da bere ai vigili stremati. “La popolazione di Mosorrofa - spiega un pompiere mentre si concede un breve attimo di riposo - è la più sensibile verso il rischio incendio e verso il nostro lavoro”.
Un lavoro reso difficile dalla zona impervia, ardua da raggiungere perfino a piedi. L'elicottero può far poco per domare il fuoco in quella vallata, così dalle 16 e 30 interviene la “copertura aerea” fornita da un Canadair.
La morfologia del terreno costringe il pilota a manovre “acrobatiche” per poter sganciare la schiuma estinguente sul bersaglio.
Nel frattempo si sentono i fragori di esplosioni provenienti dalla zona avvolta dalle fiamme, sono i serbatoi delle carcasse delle tante automobili lasciate a marcire nella “discarica” in fondo alla
vallata. Una dopo l'altra le esplosioni creano una nube nera che avvolge il costone. Sul cielo si vede un altro Canadair, intervenuto alle 16 e 25 a Cardeto, e “dirottato” alle 18 e 30 su Motta San Giovanni.
“Se solo fossero intervenuti ieri - si sfoga un abitante - avremmo limitato i danni”. I Canadair, però, sono pochi, come sono pochi i vigili del fuoco. Alla rabbia degli abitanti contro gli ignoti piromani, infatti, fa da contraltare il “senso di frustrazione” dei pompieri.
Non risparmiano le energie ma sono in numero troppo esiguo rispetto alle emergenze che quotidianamente devono affrontare in questa calda estate del 2007.
di FABIO PAPALIA
Le mani delle cosche sulle Omeca
Operazione a Reggio della Polizia di Stato. Colpito il clan dei Labate che agisce nella zona Sud di Reggio
REGGIO CALABRIA. La Polizia di Stato di Reggio Calabria ha portato a termine una vasta operazione contro la criminalità calabrese, arrestando appartenenti alla cosca mafiosa dei “Labate”; numerose sono state le perquisizioni nei confronti degli esponenti dell’organizzazione, con l’impiego di centinaia di uomini della Polizia di Stato. I componenti dell’associazione, storicamente presente ed operante nel territorio urbano della zona sud di Reggio Calabria nei quartieri Sbarre e Gebbione, sono tutti accusati di essersi associati per acquisire, con il metodo intimidatorio e con l’uso di armi da fuoco ed esplosivi, il controllo del territorio e di attività commerciali e di imporre tangenti agli operatori economici della zona. L’operazione giunge al termine di una lunga ed articolata fase investigativa della Squadra Mobile di Reggio Calabria che ha permesso di far luce su gravi episodi di danneggiamenti avvenuti nella zona. La cosca operava le pressioni tramite minacce, percosse, invio di plichi contenenti proiettili, incendi di autovetture, in particolare nei confronti dei dirigenti e dei quadri dello stabilimento reggino “O.ME.CA.” facente capo alla “Breda Costruzioni Ferroviarie”. L’O.ME.CA opera nella produzione, la costruzione e la ristrutturazione di materiale rotabile ferroviario, costituendo con la propria attività il più grande sfogo occupazionale del capoluogo reggino. Le assunzioni di parte del personale sono state, talvolta, il frutto, non di scelte dettate dalle regole del libero mercato, bensì delle determinazioni imposte dagli appartenenti alla famiglia Labate, con l’evidente scopo non solo di favorire economicamente familiari e consociati assunti, ma anche di costituire una propria forte rappresentanza all’interno dell’azienda. La cosca ha anche costretto l’amministratore di una nota catena di supermercati ad acquistare due ulteriori punti vendita ad un prezzo doppio rispetto al reale valore. L’associazione criminale, inoltre, promuoveva ed organizzava, gestendo le relative scommesse, competizioni agonistiche non autorizzate, in particolare corse clandestine di cavalli, che venivano dopati per migliorarne le prestazioni. Le persone arrestate dalla polizia in esecuzione di un provvedimento restrittivo del Gip Natina Praticò sono: Pietro Labate, 56 anni, detenuto a Spoleto, ritenuto il capo dell’omonima cosca; Candeloro Caccamo, (74), detenuto per altra causa; Orazio Assumma, (48), pregiudicato; Canale Giuseppe Antonio Santo (39); Santo Gambello (32); Pietro Ielo (35); Roberto Roberti (35); Aurelio Lito (25); Antonino Gaetano Cacciamo (22); Angelo Caccamo (25); Fabio Caccamo (26); Giuseppe Marra (48); Oberto Mirandoli (23); Andrea Cuzzucoli (21); Benito Emanuele Labate (21); Giovanni Gullì (44); David Fumante (35); Carmelo D’Amico (34); Giovanni Caccamo (32); Pietro Pennestrì (30); Angiolo Messineo, (44); Cesare Graziano (44); Paolo Falcone (38); Pasquale Militano (23); Annunziato Nato (28) e Paolo Sicari (60). I ricercati, invece, sono: Michele Labate, 56 anni; Francesco Salvatore Labate (41); Antonino Labate (57); Santo Labate (50); Giovanni Caccamo (59); Fabio Morabito (36); Paolo Labate di Michele (22); Andrea Labate (23) e Paolo Labate di Antonino (23).
martedì 24 luglio 2007
VOTO DI SCAMBIO E INDULTO (O INSULTO - scegliete voi!!)
Sfoglio Calabria Ora e scopro che l'incompatibilità del consigliere-poliziotto di Alleanza Nazionale, Massimo Labate (arrestato per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa), era stata sollevata dall'opposizione interpellando Sindaco, Presidente del Consiglio Comunale e prefetto De Sena.
Marco Minniti - oggi Vice Ministro agli Interni - presentò una interpellanza a risposta scritta all'allora Ministro degli Interni Beppe Pisanu denunciando la violazione dell'art. 63 del D.Lgs 267/2000.
Marco Minniti, che con la vittoria di Prodi è diventato Vice proprio in quel dicastero al quale scrisse chiedendo lumi sull'atteggiamento dell'amministrazione Scopelliti, non fece nulla per risolvere una situazione di conflitto persistente fino alla seconda settimana di Giugno (durante la quale Massimo Labate lasciò l'incarico di Presidente della Commissione tecnica di Controllo della Leonia Spa - che gestisce lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a Reggio Calabria).
E' certo però che Marco Minniti qualcosa l'ha fatta "per" Massimo Labate.
Egli fa parte di quel magnifico squadrone di facce di cu*o che hanno votato l'indulto esteso anche al reato di voto di scambio (http://it.wikipedia.org/wiki/Voto_di_scambio) ex art. 416 ter del Codice Penale.
Antonino Monteleone
Qualcosa sull'indulto... (Francesco Trunfio)
Legge 241/2006 - INDULTO (http://it.wikipedia.org/wiki/Indulto)
"E' concesso indulto, per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni per le penedetentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole ocongiunte a pene detentive"
Riporto qui di sotto l'ex art. 416, 416 bis, 416 ter e preciso che l'indulto non si applica a:
10) 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzataalla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 delcodice penale);
11) 416-bis (associazione di tipo mafioso);
416 Associazione per delinquere
1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.
2. Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
3. I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
4. Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a quindici anni.
5. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
416-bis Associazione di tipo mafioso(così modificato dall'articolo 1, comma 2, legge n. 251 del 2005)
1. Chiunque fa parte di un associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
2. Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da sette a dodici anni.
3. L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
4. Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da sette a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dieci a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma.
5. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.
6. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.
416-ter. Scambio elettorale politico-mafioso
1. La pena stabilita dal primo comma si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro.
lunedì 23 luglio 2007
Colpito il clan Libri: esponente di An in manette
REGGIO CALABRIA. Sono sedici le persone colpite dal provvedimento restrittivo emesso dal giudice delle indagini preliminari Concettina Garreffa distrettuale su richiesta della Dda nell’ambito di un’operazione della polizia di Stato nei confronti di presunti elementi della cosca Libri di Reggio Calabria. Tra le persone arrestate figura anche Massimo Labate, 41 anni, consigliere comunale di An in carica, poliziotto in aspettativa per motivi politici. Il politico, il suo segretario, Vincenzo Pileio (44), ed Alessandro Collu (32), Francesco Giuseppe Quattrone (32), e Filippo Rodà (28) devono rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa; gli altri arrestati sono ritenuti responsabili di “aver organizzato un’associazione per delinquere di tipo mafioso operante nel territorio compreso tra i comuni di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, denominata “cosca Libri”. “L’organizzazione - secondo l’accusa - era finalizzata alla commissione di omicidi, estorsioni, al controllo del territorio e delle attività produttive, all’acquisizione in modo diretto o indiretto, alla gestione o, comunque, al controllo di attività economiche, di cessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per acquistare vantaggio o profitti ingiusti”. Il tutto avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva. Labate e Pileio, in particolare, sono sospettati di avere, “il primo nella sua veste di consigliere comunale presso il comune di Reggio Calabria, il secondo nella qualità di segretario del primo, contribuito a conservare e rafforzare la cosca Libri”. Quattrone Collu e Rodà avrebbero “con le proprie condotte favorito gli uomini di vertice della cosca, consentendo a questi di ottenere vantaggi occulti ed ingiusti, intestandosi fittiziamente ditte e società riconducibili ai vertici dell’organizzazione”. Gli altri colpiti dal provvedimento sono Pasquale Libri (68), sorvegliato speciale, Giuseppe Libri (49), Antonino Caridi (47), Antonino Sinicropi (38), Bruno Antonino Crucitti (48), Antonio Libri (24), Cristofaro Zimbato (31), Pietro Marra (21), Giovanni Chirico (28). Nel corso dell’attività investigativa della squadra Mobile della questura è stato accertato come i vertici dell’organizzazione avessero istituito una tangente estorsiva pari al 2-3% del valore complessivo di ogni opera o lavoro, tanto di natura pubblica quanto privata, che interessava il territorio di competenza della consorteria. Lo stessa organizzazione imponeva poi le proprie ditte di riferimento, in particolare la Realcementi di Bruno Crucitti. La cosca in questione, fino alla morte è stata gestita dal boss di Cannavò Mico Libri (nella foto in alto a sinistra), al quale sono subentrati il fratello Pasquale Libri ed il genero Antonino Caridi. Le tangenti e la loro spartizione sarebbero state decise durante un summit tra i rappresentanti delle famiglie De Stefano, Tegano, Rosmini e Condello, ai quali, secondo le indagini, avrebbe preso parte il superlatitante Pasquale Condello detto “il supremo”(nella foto a destra). Il Gip ha disposto il sequestro preventivo di alcune imprese: I.T.E.R. e Galatea di Pietro Quattrone, della cooperativa sociale “San Giorgio” e della Realcementi. Un ruolo importante in seno all’organizzazione l’ha ricoperto, fino al suo assassinio, Salvatore Tuscano, autista di Pasquale Libri, il quale “assieme al capo controllava capillarmente il territorio recandosi personalmente sui cantieri per verificare se le ditte avessero pagato le tangenti loro imposto e se si fossero rifornite di cemento dalle imprese affiliate e collegate”.
venerdì 20 luglio 2007
'Ndrangheta: 15 arresti a Reggio
mercoledì 18 luglio 2007
Gratteri Nicola; Nicaso Antonio - Fratelli di sangue
Fratelli di sangue
Autore
Gratteri Nicola; Nicaso Antonio
Prezzo
€ 20,00
Dati
2006, 320 p.
Editore
Pellegrini
W l’Italia, Iacona, e quella piazza vuota a Locri
martedì 17 luglio 2007
Il Gruppo folkloristico "Asprumunti" di Cardeto al Festival della Collina di Cori (LT)
Ogni anno, in luglio, il Festival ripropone un gioioso appuntamento fatto di danze e di musiche della tradizione popolare di tutto il mondo.
Il Festival della Collina trova la sua giusta residenza nelle città collinari a nord della provincia di Latina, ricche di tradizione e d’arte, senza però rinunciare a spingersi verso le città vicine al mare e verso la città di Roma.
La città che ospita i gruppi internazionali è Cori, una delle più antiche città d'Italia.
La provincia di Latina, e Cori in particolare, diventa ogni anno un crocevia nel quale circa 300 giovani provenienti da tutti i Continenti si incontrano, si conoscono, imparano a stimarsi e ad amarsi.
Dalla prima edizione circa 200 gruppi, provenienti da 65 nazioni, hanno partecipato alla manifestazione.
L’Ente organizzatore del Festival è l’Associazione Sbandieratori dei Rioni di Cori che cura anche la direzione artistica e tecnica della manifestazione.
L’organizzazione si avvale dell’importante collaborazione della Sezione C.I.O.F.F. Italia, della Provincia di Latina, della Fondazione “Roffredo Caetani” e dell’Azienda di Promozione Turistica di Latina, titolare della manifestazione.
Gruppo Folklorico "ASPRUMUNTI"
Cardeto
Il gruppo "ASPRUMUNTI" di Cardeto, è uno dei più antichi e prestigiosi gruppi folkloristici della Calabria. Gia' nel 1928, l'attuale presidente onorario, Sig. Domenico FEDELE, ballo' alla presenza del Principe Umberto di Savoia, il quale rimase affascinato e trasportato dalla danza del piccolo ballerino.
Il gruppo vanta anche di comparse in prestigiosi film degli anni cinquanta, come: "Patto con il diavolo", "Il brigante di Tocca Lupo" e "Carne inquieta". Negli anni piu' recenti è stato orgoglioso di vincere per due anni consecutivi (1999-2000) il "Festival Internazionale del Folklore" a Mattinata di Foggia.
Ma la particolarita' e la straordinarietà del gruppo "ASPRUMUNTI" si evidenzia soprattutto nel ballo: la "Ballata Cardoleda" testimonia oggi antiche memorie della civilta' MAGNO GRECA, ancora presente nell'area grecanica dell'entroterra apromontano. A "Cardoleda" ha dunque origini che vanno ricercate nelle arcaiche radici della danza greca.
Ancora oggi vedendo ballare i componenti del gruppo è possibile notare come i danzatori si lascino trascinare, abbandonandosi spontaneamente al ritmo, la danza assume il significato liberatorio-comunicativo, in cui emergono infiniti rituali simbolici, reminiscenze della potente civilta' colonizzatrice. Oggi il gruppo è formato soprattutto da giovani Cardetesi ai quali e' stato tramandato l'amore e la devozione per il folklore e la tradizione.
Gli ultimi saranno i primi!! - Spot Regione Calabria
Oliviero Toscani all'università della Calabria
Lascio ai lettori ogni commento !!!!
La casta - Così i politici italiani sono diventati intoccabili
Casa editrice: Rizzoli
Collana: Saggi
Anno pubblicazione: 2007
Prezzo: 18,00
Genere: politica scienze politiche
Volumi: 1
Pag: 294
Descrizione:Questo libro corrosivo e documentatissimo spiega come la classe dirigente del Paese sia diventata una casta di intoccabili, pronti a sguazzare negli sprechi e nei privilegi delle principali istituzioni statali e delle amministrazioni locali. Racconta il business siciliano delle cliniche private e gli appalti per lo smaltimento delle scorie nucleari russe, le scandalose rendite di posizione dei sedicenti rappresentanti dei pensionati e delle casalinghe e l'indecente e matematico riciclaggio dei trombati alle elezioni. Senza guardare in faccia a nessuno, Stella e Rizzo vogliono suscitare quella sana indignazione da cui dovrebbe nascere la necessaria ribellione dei cittadini.
tratto dal sito http://www.lafeltrinelli.it/istituzionale/catalogo/scheda_prodotto.aspx?i=2477660
lunedì 16 luglio 2007
Finalmente qualcuno racconta!!!!
In viaggio sul Milano-Palermo delle 19,40 tra sporcizia e ritardi
«Io qui la testa non ce la metto!» La signora passa un fazzolettino imbevuto sui sedili del Mongibello, il treno che ogni venerdì parte da Milano diretto in Sicilia. «Guardi» e lo mette sotto l'obiettivo della nostra telecamera. E' completamente nero. Il 1991 è un treno, al contrario degli Intercity e degli Eurostar, che non ha pulitori a bordo ma dovrebbe essere pulito alla partenza. Invece è sporco il Mongibello. E non solo. I "signori" viaggiatori sono emigranti che tornano a casa dopo una settimana di lavoro al nord oppure gente che non può permettersi di pagare un biglietto aereo dell'ultimo minuto.
SPORCIZIA - «Ci trattano come animali in una carro bestiame», confida un uomo sceso sul binario perché a bordo non si respira. L'aria condizionata non funziona, il treno è rimasto sotto il sole tutto il pomeriggio. Una donna protesta. Solo quando si parte, e cioè dopo un'inspiegabile ora di ritardo, si riesce un po' a respirare. I finestrini sono talmente lerci che sembra di guardare attraverso una lente deformante. Un bigliettaio ci confida che il «materiale rotabile», cioè le carrozze, che viene utilizzato per comporre i treni diretti al Sud, è quello più vecchio e con meno manutenzione. C'è da chiedersi il perché. Al mattino, dopo una notte trascorsa in dormiveglia, i corridoi sono una pattumiera, i bagni impraticabili, i vestiboli zeppi di mozziconi di sigarette. Ne contiamo a centinaia. Il controllore ci spiega: da quando è in vigore la legge Sirchia, che vieta il fumo a bordo, lui ha elevato solo una multa e la più bassa possibile (appena 5 euro) perché ha paura della reazione. Quindi da una parte Trenitalia utilizza le carrozze meno pregiate (per usare un eufemismo) e i passeggeri, trovandole indecenti, le sporcano ancora di più. A Villa San Giovanni scendiamo. Abbiamo visto abbastanza. Ora possiamo mostrarlo anche a voi attraverso il video che abbiamo girato. Con un solo rammarico: le moderne tecnologie non possono trasmettere anche gli odori.
sabato 14 luglio 2007
Gli scenari climatici del ventunesimo secolo
Come possiamo sapere quale sarà il clima del futuro?
Il Pannello Intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) è una commissione di climatologi, politici e rappresentanti del mondo economico. Ogni cinque/sei anni centinaia di studiosi provenienti da quasi tutto il mondo sottoscrivono un rapporto stilato da una quindicina di esperti sulla base di numerose pubblicazioni chiave sui processi climatici e sui risultati ottenuti dai modelli. I precedenti rapporti IPCC sono stati pubblicati nel 1990, 1995 e 2001.
1. Lo scioglimento dei ghiacci artici nella simulazione eseguita ad Amburgo. Si prevede che durante il periodo estivo i ghiacci (riportati in celeste) scompariranno completamente (scenario A1B a destra) o quasi completamente (scenario B1 nel centro). Le condizioni attuali sono riportate a sinistra. © MPI Met
Per il prossimo rapporto IPCC (atteso per il 2007) è stato chiesto a numerosi gruppi di modellisti di calcolare tre "scenari" sul clima futuro in base alle conoscenze in loro possesso e utilizzando le capacità di calcolo di super computer, tra i più potenti al mondo, in grado di modellare il sistema terrestre. Uno di questi gruppi proviene dall'Istituto Max Planck per la Meteorologia di Amburgo, partner di ACCENT. I risultati dei loro calcoli saranno messi a confronto con quelli di altri modellisti e una sintesi dei risultati verrà pubblicata nel quarto rapporto IPCC. Tuttavia, è già possibile consultare i risultati ottenuti dal modello di Amburgo. Tiene presente, tuttavia, che parliamo dei risultati di solo uno dei quindici gruppi che contribuirà alla valutazione finale dell'IPCC.
Il surriscaldamento globale proseguirà anche se non con la stessa intensità in tutte le aree del mondo e la massa terrestre si riscalderà più velocemente rispetto agli oceani. Il fenomeno riguarderà in particolar modo le latitudini settentrionali e le regioni artiche. Già da ora è possibile osservare che i ghiacci artici disciolti durante l'estate non si formano più nella stessa misura. Entro le fine del secolo l'intero oceano artico potrebbe essere completamente privo di ghiacci durante il periodo estivo.
2. A destra: aumento della temperatura media mondiale per il periodo 2071 - 2100 messo a confronto con il periodo 1961 - 1990. © MPI Met
L'intensità delle tempeste invernali aumenta nell'Europa centrale ma diminuisce nell'area del mediterraneo.
L'aria più calda contribuirà a rendere più estremi gli eventi meteorologici. L'aria calda trattiene una maggiore quantità di vapore. Pertanto, le precipitazioni medie aumenteranno su tutto il globo pur in modo non omogeneo. Nelle zone umide, come i tropici e le latitudini centro-settentrionali, tenderanno ad aumentare mentre in quelle aride subtropicali si riduranno e il clima diventerà più secco.
3. Precipitazioni estreme: variazione percentuale per il periodo 2071 - 2100 messa a confronto con il periodo 1961 - 1990. Scenario A1B Clicca sull'immagine per ingrandirla. (20 K)
Ciò implica che il contrasto tra zone secche e umide diventerà sempre più marcato. Si prevedono periodi di siccità più intensa nell'area mediterranea, sull'Africa meridionale e sull'Australia. Nelle regioni umide aumenterà il rischio di piogge violente e di inondazioni. Entro la fine del secolo le nevicate diminuiranno dell'80-90% nella maggior parte dei paesi europei (nelle Alpi e sui rilievi norvegesi del 30-40% ). La durata dei periodi secchi aumenterà in tutto il globo.
5. A sinistra: variazione delle precipitazioni per il periodo 2071 - 2100 messa a confronto con il periodo 1961 - 1990 per i mesi di gennaio e luglio.Clicca sull'immagine per ingrandirla. (115 K) © MPI Met
6. Cambiamento atteso per il livello del mare espresso in metri per il 2100 messo a confronto con l'anno 2000. Nota che il cambiamento non è omogeneamente distribuito sull'intero pianeta. Clicca sull'immagine per ingrandirla. (80 K) © MPI Met
Il livello degli oceani potrà aumentare di 20-30 cm a causa dell'espansione termica. Lo scioglimento dei ghiacci groenlandesi provocherà un ulteriore innalzamento di quindici centimetri mentre nevicate più intense in Antartide potrebbero portare ad una riduzione di cinque centimetri. Lo scioglimento nella regione Artica è la causa di una forte flusso di acqua fredda nelle acqua salate del Nord Atlantico che potrà causare cambiamenti nelle correnti oceaniche dovute alle differenze di temperatura e salinità. La corrente nord-atlantica potrebbe rallentare favorendo un clima più fresco in Europa controbilanciato, tuttavia, dalla generale tendenza al surriscaldamento.
Il surriscaldamento dovuto all'effetto serra è stato in parte mascherato dall'inquinamento atmosferico che non ha permesso alla luce solare sole di raggiungere la superficie terrestre. Se verranno adottate misure rigide per il miglioramento della qualità dell'aria a livello mondiale si potrebbe verificare un rapido riscaldamento di quasi 1°C in dieci anni.
Ad oggi i modelli climatici includono le emissioni di zolfo, tra i principali responsabili dell'inquinamento atmosferico, della formazione di aerosol e della radiazione solare riflessa. Ciò maschera il surriscaldamento globale.
Il surriscaldamento previsto entro il 2100 sarà compreso in media tra 2,5 e 4°C.
Scenari
Il risultato del modello dipende dallo scenario su cui si basano i calcoli. I diversi scenari per il futuro sviluppati dall'IPCC sono stati alla base di questo calcolo e sono stati definiti A1, A2 e B1 a seconda dei diversi assunti relativi allo sviluppo demografico, sociale, economico e tecnologico del pianeta.
8. Tendenza della temperatura rispetto alla temperatura media nel periodo 1961 - 1990, indicata dallo zero. I diversi scenari prevedono sviluppi simili tra loro. Ciò dipende dall'effetto di raffreddamento dovuto all'inquinamento atmosferico che, negli scenari di maggiore sviluppo tecnologico, viene eliminato controbilanciando, in parte, il vantaggio di minori emissioni di CO2. Clicca sul grafico per ingrandirlo. © MPI Met
La famiglia A1 descrive un mondo caratterizzato dal forte sviluppo economico e dalla massima crescita demografica prevista intorno al 2050. L'introduzione di nuove tecnologie è rapida ed efficiente ma la crescita si può basare su risorse diverse, quali l'utilizzo intensivo di combustibili fossili (A1F), risorse energetiche non fossili (A1T) o l'utilizzo di entrambi (A1B). Quest'ultimo scenario è portato frequentemente ad esempio poiché le tendenze attuali vanno in questa direzione. Tuttavia, non vi sono garanzie su come si svilupperà il mondo nei prossimi decenni.
La famiglia B1 prende in considerazione uno sviluppo demografico come quello illustrato nello scenario A1 ma con una società basata, nell'arco di un breve periodo di tempo, su informatica e servizi. Lo sfruttamento di materiali ed energia si riduce grazie a sistemi intelligenti e a politiche ed economie di sviluppo sostenibili. Lo scenario descrive un incremento dell'equilibrio sociale e della giustizia globale, ma non prevede programmi specifici per la tutela del clima.
Lo scenario B1 è il migliore dal punto di vista dell'evoluzione del clima ma anche in questo caso i livelli di CO2 alla fine del secolo raggiungeranno circa 550 ppm, un valore doppio rispetto alle 280 ppm del periodo pre-industriale.
9. A sinistra: i rapporti di mescolamento della CO2 misurati nel periodo 1850 - 2000 e le stime fino al 2100 in base ai diversi scenari IPCC.Clicca sul grafico per ingrandirlo. © MPI Met
Autore: Elmar Uherek - Istituto Max Planck per la Chimica, MainzVersione italiana a cura di Michela Maione, Simonetta De Angelis e Paola Giovannini, Università degli Studi di UrbinoLe informazioni sull'articolo e le illustrazioni provengono da un volantino pubblicato in lingua tedesca dall'istituto Max Planck per la Meteorologia di Amburgo.Testi: Erich Roeckner, Guy P. Brasseur, Marco Giorgetta, Daniela Jacob, Johann Jungclaus, Christian Reick, Jana SillmannGrafica: Norbert P. Noreiks
IL PUNTO DI SVOLTA di Fritjof Capra - Segnalato da Domenico Crea
Nell'analisi vengono esaminate le fondamenta della cultura occidentale, basate sul meccanicismo e sulla visione cartesiana, derivate dalle teorie di Locke, Descartes e Bacone, le quali portano alla stessa fisica classica.
La tesi del libro è che, come la fisica ha dovuto abbandonare la visione riduzionista per indagare l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande (teoria dei quanti e medicina, biologia, sociologia ed economia. Nel libro è presente una chiara denuncia alle posizioni dello stile di vita occidentale, che non rispettano né le persone né le convenzioni sociali, ma incentrano il loro interesse egoisticamente sul singolo, sia come produttore, sia come consumatore. La critica di Capra non si rivolge esclusivamente al capitalismo, ma anche al marxismo ed al socialismo.
Pur datato, il libro anticipa in effetti alcuni mutamenti di paradigma, nel senso di Kuhn, poi effettivamente verificatisi: nelle scienze cognitive, con la visione di unità mente-corpo; nelle scienze biologiche, con il crollo dell'assioma genetico che asserisce "un gene, una proteina"; nelle scienze sociali ed economiche, con l'incapacità di prevedere crisi e tracolli, come la bolla del 2001 o la crisi petrolifera nel 2005, con il greggio oltre i 70 dollari al barile, quando solo nel 2003 si parlava ancora del prezzo troppo basso del petrolio.
Anche se a volte Capra parteggia un po' troppo per la visione sistemica e olistica, tuttavia afferma da subito che il suo scopo non è ribaltare le idee comuni, ma integrare le conoscenze derivate dal riduzionismo con quelle derivanti dalle relazioni tra le varie parti.
venerdì 13 luglio 2007
U SONU - La danza tradizionale nella Calabria Greca
Il secondo capitolo costituisce una etnografia relativa alla dimensione pubblica della danza nell’estremo sud della Calabria. Viva cu’ balla viva! rappresenta una terza sezione maggiormente tematica: il centro di gravitazione dello scritto è la cultura del sonu a ballu a Cardeto e nella Valle del Sant’Agata ma con alcune digressioni verso la storia socio-culturale dell’area in oggetto.
L’altra parte dell’otre presenta il sonu a ballu dal punto di vista del musicista popolare, di cultura orale, nello specifico il ciarameddaru (zampognaro).
U Sonu è il risultato di vari anni di ricerca e di riflessione. Un lavoro ripreso e abbandonato più volte nel tempo con le molte contraddizioni che un’esperienza lunga e complessa porta con sé. La descrizione/narrazione condanna alla staticità ciò che rappresenta. Vorrei, quindi, mettere in guardia il lettore dal mio stesso presente etnografico. Scrivere al presente è solo una soluzione formale, è una scelta estetica. Ho disposto su un tavolo ideale una grande quantità di simboliche polaroid scattate nel tempo cercando di individuare fra di esse una trama narrativa, una via per restituire un senso ed una compiutezza comunicativa ad un periodo di osservazione che abbraccia oltre venticinque anni. L’Aspromonte, la Calabria Greca non sono un eden etnografico dove una cultura arcaica della danza resta ad attenderci docilmente in un quadretto ipostatico e incontaminato. La realtà fermenta e si trasforma incessantemente. Fortunatamente le cose “sul campo” non si trovano mai completamente come ce le aspettiamo, imbalsamate, come nel migliore dei musei (etnografici).Tutta la fase degli anni ’80 è stata dedicata alla danza nel suo aspetto pubblico e rituale. Il punto focale della mia attenzione era l’osservazione delle feste. Da quelle più imponenti come partecipazione (Madonna di Polsi, Madonna della Consolazione) a quelle più marginali, legate alle comunità locali nella provincia di Reggio ed in particolare dell’Aspromonte (il territorio urbano di Reggio, Acquaro, Siderno, Gioiosa Jonica, Riace, Cataforio e la Valle del Sant’Agata sino a Cardeto, Bova, Gallicianò, S. Stefano, la stessa Piana di Gioia, etc.). Progressivamente dagli anni ’90 in poi la mia attività di campo si è orientata sempre più verso la festa a ballu domestica, con un’attenzione particolare verso le comunità cardole e la Valle del Sant’Agata dove la danza non è semplicemente memoria storica, occasione di revival, di folclorismo e di animazione turistica. Cardeto e la Valle del Sant’Agata rappresentano, come spero di aver messo in risalto nel terzo capitolo, un’area dove resiste una cultura coreutica viva, un mondo che si è trasformato economicamente e socialmente ma che, come avrebbe detto Roberto Leydi, non ha inteso “spezzare il filo” con un passato, tutto sommato, prossimo. Anche qui non si tratta di un eden etnografico ma di una realtà contemporanea, con tutte le contraddizioni della contemporaneità.
La danza nella Calabria Greca, E. Castagna, 2007, € 18
Per acquistarlo andate sul sito http://www.squilibri.it/libri/atm---archivio-tradizioni-musicali/u-sonu.html
mercoledì 11 luglio 2007
UNA GIORNATA PER DE ANDRE' - POPOLI E CULTURE NEL MEDITERRANEO
Chiesa di S. Giorgio - Reggio Calabria
Venerdì 13 luglio alle ore 20.30 presso il Chiostro della Chiesa di S.Giorgio in Reggio Calabria, si svolge il convegno "Una giornata per De André - Popoli e culture nel Mediterraneo", organizzato dal Circolo Culturale L'Agorà di Reggio Calabria.Nel corso di tutta la giornata sono esposti gli elaborati (quadri, fotografie) relaizzati dagli studenti degli istituti artistici, penitenziari della provincia di Reggio Calabria e dell'Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.
(*) patrocinato dalla Fondazione
martedì 10 luglio 2007
Le mani delle cosche sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria !
REGGIO CALABRIA. Le principali cosche della fascia tirrenica reggina e vibonese avevano messo le mani sugli appalti per i lavori di ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria sia estorcendo il 3% del valore dei lavori alle imprese aggiudicatarie, sia imponendo il ricorso a società di riferimento per la fornitura di materiale e servizi. Un affare da svariate decine di milioni di euro stroncato dalla squadra mobile di Reggio Calabria, che ieri mattina ha arrestato 15 persone, e dalla Dia, che ha sequestrato cinque società riconducibili a persone legate alle cosche per un valore di 12 milioni di euro. Le famiglie del reggino e del vibonese, di fatto, si erano alleate per la spartizione del denaro proveniente dagli appalti pubblici. E così nell’inchiesta coordinata dalla Dda reggina figurano i nomi dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), dei Pesce di Rosarno, dei Piromalli di Gioia Tauro, dei Bellocco di Rosarno. Le cosche, addirittura, decidevano l’assegnazione dei subappalti ancora prima dell’autorizzazione dell’ente appaltante pianificando il tutto in incontri ai massimi livelli a cui partecipava anche il boss latitante Giuseppe Bellocco, cui spettava molto spesso l’ultima parola nel salvaguardare gli equilibri e le influenze territoriali delle cosche. Per le imprese il 3% pagato alla ‘ndrangheta costituiva la tassa ‘‘sicurezza cantiere”, come veniva chiamata in gergo. A pagare erano tutti: la Condotte spa, la Coop costruttori, la Gepco salc, la Baldassini-Tognozzi, l’associazione temporanea di impresa composta da Sicilsonde, Italgeo, Caramazza, Rindone, costrette da “violenza e minacce - come scrivono i pm della Dda - costituite dagli attentati subiti e dalla condizione di assoggettamento ed omertà che deriva dall’appartenenza all’associazione a delinquere di stampo mafioso”. Ogni intervento era stato spezzettato: ai Mancuso, spettava la competenza nel tratto Pizzo Calabro-Serra San Bruno; ai Pesce, il tratto tra Serre e Rosarno, infine, tra Rosarno e Gioia Tauro, ai Piromalli. Tutti, insomma, avevano la loro parte. Le imprese, comunque, conoscevano le regole delle cosche. Dall’inchiesta, coordinata dal pm distrettuale Roberto Di Palma (l’ordinanza è stata cofirmata dal coordinatore della Dda, Salvatore Boemi, e dal pm Nicola Gratteri) emerge, infatti, che le grandi imprese del Nord inviano i loro emissari per mediare con la ‘ndrangheta. Tanto che Di Palma, incontrando i giornalisti, ad un certo punto si è chiesto: “Imprenditori sottoposti ad estorsione o collusi?”. Imprese come la Condotte Spa e la Impregilo, ad esempio, avevano insediato nelle loro società, rispettivamente Giovanni D’Alessandro e Francesco Miglio, che, secondo gli inquirenti, “da sempre avevano avuto a che fare con esponenti della criminalità organizzata e con imprese di riferimento alle cosche”. Non solo, dalle indagini é emerso anche che il 3% che le varie ditte erano costrette a pagare, veniva recuperato con “l’alterazione degli importi delle fatture”. Nel quadro delineato dagli inquirenti, un ruolo di primo piano ce l’aveva anche un sindacalista della Cgil, Noé Vazzana, assunto come assistente di cantiere dalla Baldassini & Tognozzi nell’agosto del 2004. Secondo l’accusa era lui “il trait-d’union tra la grande impresa e le cosche della Piana di Gioia Tauro”. Adesso, tutte le carte dell’inchiesta saranno trasmesse alla Commissione parlamentare antimafia affinché, ha spiegato Boemi, “siano attentamente valutate dai Ministeri dell’Interno, dei Lavori Pubblici e delle Infrastrutture. C’è qualcosa nel sistema Calabria che va attenzionato con cura, poiché ci sono imprese oneste che collaborano con lo Stato che sono sistematicamente escluse dai lavori”.
Un sindacalista alleato dei clan REGGIO CALABRIA. La figura centrale dell’inchiesta che lunedì ha portato all’arresto di 15 persone, sospettate di aver messo le mani su una serie di lavori sull’autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria, secondo gli inquirenti è un sindacalista della Fillea Cgil del comprensorio di Gioia Tauro, Noè Antonio Bazzana, 58 anni, assunto come assistente di cantiere dell’impresa “Baldassini & Tognozzi” nell’agosto del 2004. Il sindacalista “risulta essere il trait - d’union tra l’impresa “Baldassini & Tognozzi S.p.A.” e le cosche della piana di Gioia Tauro. Per meriti “personali” e per l’abilità dimostrata nei rapporti del grande affare dell’A3” egli veniva assunto dall’impresa toscana al quale “offriva la gestione di ogni aspetto della fase organizzativa del cantiere, a partire dalla sistemazione dell’ufficio di Gioia Tauro (ospitato in un immobile il cui proprietario è vicino al clan Piromalli), dell’assunzione degli operai, dei rapporti con le maggiori imprese subappaltatrici che affiancavano la società fiorentina e con i fornitori di calcestruzzo”. “Non a caso - si legge ancora nel provvedimento - le imprese designate per i movimenti terra e per le forniture di calcestruzzo, in un primo momento la Edilmag s.r.l. e la G.D. Calcestruzzi di Giacobbe Vincenzo, operavano ognuno secondo la propria competenza territoriale. Successivamente si aggiungeva un altro fornitore di Gioia Tauro: la Calcestruzzo Giacobbe Domenico s.a.s. ed anche questa risulterà essere condizionata dal potere mafioso”. Il sindacalista della Cgil è coniugato con una prima cugina della moglie di Gregorio Bellocco, 52 anni, per anni superlatitante”.
Tutti i nomi degli arrestati REGGIO CALABRIA. L’attività investigativa dell’operazione denominata “Arca”, contro le infiltrazioni mafiose negli appalti dei lavori sull’autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria, è stata portata avanti dal vicequestore Luigi Silipo, dirigente della sezione criminalità organizzata della questura di Reggio Calabria e vice capo della squadra mobile guidata da Renato Cortese. I provvedimenti restrittivi, emessi dal giudice delle indagini preliminari Angelina Bandiera, sono stati richiesti dal procuratore Franco Scuderi, dall’aggiunto Salvatore Boemi e dai sostituti, sempre della Direzione distrettuale antimafia, Nicola Gratteri e Roberto Di Palma. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere, quindici in tutto, riguardano Antonino Pesce, 54 anni di Rosarno; Pantaleone Mancuso, alias “Zu Luni”, (46) di Limbadi, già detenuto; Vincenzo Pesce (48) di Rosarno; Giuseppe Bonarrigo (53) di Rosarno; Giovanni Guarnaccia (54) di Reggio Calabria; Andrea Cutrupi (50) di Reggio Calabria; Salvatore Domenico Tassone (59) originario di Sorianello e residente a Polistena; Giuseppe Lo Duca (55) di Vezzano, Vibo Valentia; Antonio Paparo (45) di Isca sullo Ionio, Catanzaro; Domenico Giacobbe (72) di Gioia Tauro; Vincenzo Giacobbe (40) di Gioia Tauro; Noè Antonio Vazzana (58) di Rosarno; Antonio Guarnaccia (63) di Reggio Calabria; Antonio Pesce (44) di Rosarno. Un ultimo provvedimento restrittivo non è stato eseguito perché l’interessato è deceduto nell’anno in corso.
venerdì 6 luglio 2007
Cardeto si rifa il trucco !!!
E Cardeto dov'è ???
Si svolgerà nel Parco d’Aspromonte il Festival “Canti e Cunti” che prende il via il prossimo 14 luglio
giovedì 5 luglio 2007
Il taciuto probblema del Signoraggio
Ormai è comunemente accettata la tesi che i cicli inflazione-recessione sono direttamente riconducibili alle politiche monetarie delle banche centrali. I conflitti politici degli ultimi 310 anni sarebbero da attribuire al problema monetario: la rivoluzione francese, la guerra civile americana, la prima e la seconda guerra mondiale.L’inizio e la fine della nostra libertà sarebbe riconducibile al 27 luglio 1964 giorno in cui la Banca d’Inghilterra ha aperto i battenti. Fondata da William Paterson accumulò le sue enormi ricchezze grazie ad un accordo stabilito con il re d’Inghilterra Guglielmo d’Orange; questi in cambio di prestiti in moneta sonante concesse alla banca l’autorizzazione a far circolare proprie banconote per lo stesso importo del prestito versato. In tal modo la banca raddoppiava il proprio patrimonio, rappresentato da un lato dalle monete prestate alla corona inglese di cui attendeva pur sempre la restituzione; e dall’altro dalla cartamoneta accettata dai privati, più ovviamente gli interessi percepiti su entrambi i prestiti.Partiva da qui il lungo e fecondo processo che ha portato alla sostituzione delle monete metalliche con le banconote e poi con altre forme di moneta bancaria (assegni, moneta elettronica ecc.) in tutte le transazioni di una certa consistenza. Quando ancora c’era la lira lo stato italiano poteva emettere solo le monete metalliche, ma già dalle banconote di piccola taglia il potere di emissione spettava alla Banca d’Italia, che di certo non è mai stata sotto il controllo statale essendo una S.P.A.Nei secoli successivi, il “Modello Bank of England” diventa la base per tutte le banche occidentali che nasceranno: dalla Federal Reserve fino alla odierna BCE. Il problema principale è che non si ha per niente coscienza del reale potere racchiuso dal cosiddetto “signoraggio”.Si tratta di un argomento sottaciuto e su cui si sorvola spesso e volentieri.La moneta emessa ha due valori uno intrinseco ed uno nominale, quello intrinseco rispecchia il costo di realizzazione o costo “tipografico”, quello nominale il valore impresso sulla stessa. Per esempio su una banconota da 200 euro quanto guadagna la BCE?Valore nominale=200 euro, valore intrinseco=0.02 euro, tasso di sconto che la banca percepisce su ogni singola banconota 2%, il signoraggio = tassodisconto*valore nominale - valore intrinseco=203.98 euro, cioè la società a fronte di una spesa di 0.02 euro deve alla banca 203.98 euro. E’ tutta qui la grande truffa denunciata da pochi coraggiosi quali Ezra Pound, Karl Marx e che Thomas Jefferson e Benjamin Franklin avevano presagito.I soci privati delle banche centrali che si sono succeduti dal 1694 fino ad oggi, disponendo di somme enormi derivanti dal signoraggio hanno tranquillamente governato al di là di qualsiasi governo ufficiale che si fosse insediato:monarchia comunismo nazismo, democrazia etc.Tutte le volte che una regione intraprendeva la strada dell’autonomia suscitava l’ira e l’attenzione dei grandi banchieri. Così successe nella guerra di secessione americana, dove le due fazioni nordisti e sudisti si scontrarono per questioni monetarie:continuare ad usare la sterlina o realizzare una moneta nazionale il dollaro? Nonostante la resistenza dei sudisti appoggiati dal Regno Unito vinse il nord. L’Inghilterra tuttavia mantenne il proprio dominio monetario grazie alla creazione della Federal Reserve. Il trucco consisteva nel fatto che per ogni dollaro emesso bisognava possedere un certa quantità di sterline inglesi, e solo quest’ultime sarebbero state redimibili in oro.Grandi del passato hanno provato ad affrontare il problema attraverso le leggi, John Fitzgerald Kennedy emise il decreto presidenziale 11110 che restituiva al governo USA il potere di emettere moneta, senza passare attraverso la Federal Reserve. L’ordine di Kennedy dava al Tesoro il potere di emettere certificati sull’argento contro ogni riserva d’argento posseduta dal Ministero stesso. Questo voleva dire che per ogni oncia d’argento nella cassaforte del tesoro il governo poteva mettere in circolazione nuova moneta. In tutto Kennedy mise in circolazione banconote per 4.3 miliardi di dollari. Le conseguenze di questa legge furono enormi. Con un colpo di penna Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve. La quantità messa in circolazione avrebbe eliminato la domanda di banconote della Federal Reserve questo perché i certificati argentiferi sono garantiti da argento, mentre le banconote della Federal Reserve non sono garantite da niente!!!Dopo appena pochi mesi dall’assassinio non vennero emessi più certificati e quelli in circolazione furono ritirati. Stessa sorte capitò a Guevara che aveva emesso monete di proprietà dello stato a Lincoln prima di lui e numerosi altri presidenti americani(Garfield, Taylor, Roosevelt ecc.)
Oggi….
La situazione attuale non è molto diversa da quella di 400 anni fa, abbiamo una banca centrale la BCE che supervisiona l’operato delle varie banche nazionali(che sono delle S.P.A), ognuna di queste detiene nel proprio stato il potere di emissione della moneta e percepisce un utile dovuto proprio al signoraggio. Questo meccanismo infernale è stato adottato e ampliato anche con il trattato di Maastricht, infatti secondo l’art. 105 A1. la BCE (Banca della Comunità Europea, privata, perché di proprietà delle banche centrali che, a loro volta sono private), ha diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote.2. Gli stati europei possono coniare monete metalliche con l’approvazione della BCE.Sono inoltre previste misure di “armonizzazione” dei flussi monetari, il che vuol dire che, le banche centrali e tutte le banche proprietarie, possono essere in grado di creare un sistema monetario di controllo finanziario, in mani private, capace di condizionare il sistema politico di ciascun paese e l’economia di ogni comunità sociale, nel suo insieme.La questione è che la moneta in circolo non sarà mai in grado di colmare i debiti messi a bilancio da questi usurai a causa dell’interesse percepito su ogni singola emissione, con il risultato che il debito pubblico non è sanabile matematicamente. Quello del debito è un vero sistema con il quale i partiti a loro volta controllati dalle banche esercitano pressioni sulle masse e si sentono autorizzati ad aumentare la pressione fiscale con l’obiettivo di saldare un problema che per sua natura non è estinguibile.
Riassumendo…