martedì 10 luglio 2007

Le mani delle cosche sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria !

I principali clan del Reggino e del Vibonese si erano infiltrati nei lavori di ammodernamento della A3. 15 in manette
REGGIO CALABRIA. Le principali cosche della fascia tirrenica reggina e vibonese avevano messo le mani sugli appalti per i lavori di ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria sia estorcendo il 3% del valore dei lavori alle imprese aggiudicatarie, sia imponendo il ricorso a società di riferimento per la fornitura di materiale e servizi. Un affare da svariate decine di milioni di euro stroncato dalla squadra mobile di Reggio Calabria, che ieri mattina ha arrestato 15 persone, e dalla Dia, che ha sequestrato cinque società riconducibili a persone legate alle cosche per un valore di 12 milioni di euro. Le famiglie del reggino e del vibonese, di fatto, si erano alleate per la spartizione del denaro proveniente dagli appalti pubblici. E così nell’inchiesta coordinata dalla Dda reggina figurano i nomi dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), dei Pesce di Rosarno, dei Piromalli di Gioia Tauro, dei Bellocco di Rosarno. Le cosche, addirittura, decidevano l’assegnazione dei subappalti ancora prima dell’autorizzazione dell’ente appaltante pianificando il tutto in incontri ai massimi livelli a cui partecipava anche il boss latitante Giuseppe Bellocco, cui spettava molto spesso l’ultima parola nel salvaguardare gli equilibri e le influenze territoriali delle cosche. Per le imprese il 3% pagato alla ‘ndrangheta costituiva la tassa ‘‘sicurezza cantiere”, come veniva chiamata in gergo. A pagare erano tutti: la Condotte spa, la Coop costruttori, la Gepco salc, la Baldassini-Tognozzi, l’associazione temporanea di impresa composta da Sicilsonde, Italgeo, Caramazza, Rindone, costrette da “violenza e minacce - come scrivono i pm della Dda - costituite dagli attentati subiti e dalla condizione di assoggettamento ed omertà che deriva dall’appartenenza all’associazione a delinquere di stampo mafioso”. Ogni intervento era stato spezzettato: ai Mancuso, spettava la competenza nel tratto Pizzo Calabro-Serra San Bruno; ai Pesce, il tratto tra Serre e Rosarno, infine, tra Rosarno e Gioia Tauro, ai Piromalli. Tutti, insomma, avevano la loro parte. Le imprese, comunque, conoscevano le regole delle cosche. Dall’inchiesta, coordinata dal pm distrettuale Roberto Di Palma (l’ordinanza è stata cofirmata dal coordinatore della Dda, Salvatore Boemi, e dal pm Nicola Gratteri) emerge, infatti, che le grandi imprese del Nord inviano i loro emissari per mediare con la ‘ndrangheta. Tanto che Di Palma, incontrando i giornalisti, ad un certo punto si è chiesto: “Imprenditori sottoposti ad estorsione o collusi?”. Imprese come la Condotte Spa e la Impregilo, ad esempio, avevano insediato nelle loro società, rispettivamente Giovanni D’Alessandro e Francesco Miglio, che, secondo gli inquirenti, “da sempre avevano avuto a che fare con esponenti della criminalità organizzata e con imprese di riferimento alle cosche”. Non solo, dalle indagini é emerso anche che il 3% che le varie ditte erano costrette a pagare, veniva recuperato con “l’alterazione degli importi delle fatture”. Nel quadro delineato dagli inquirenti, un ruolo di primo piano ce l’aveva anche un sindacalista della Cgil, Noé Vazzana, assunto come assistente di cantiere dalla Baldassini & Tognozzi nell’agosto del 2004. Secondo l’accusa era lui “il trait-d’union tra la grande impresa e le cosche della Piana di Gioia Tauro”. Adesso, tutte le carte dell’inchiesta saranno trasmesse alla Commissione parlamentare antimafia affinché, ha spiegato Boemi, “siano attentamente valutate dai Ministeri dell’Interno, dei Lavori Pubblici e delle Infrastrutture. C’è qualcosa nel sistema Calabria che va attenzionato con cura, poiché ci sono imprese oneste che collaborano con lo Stato che sono sistematicamente escluse dai lavori”.
Un sindacalista alleato dei clan REGGIO CALABRIA. La figura centrale dell’inchiesta che lunedì ha portato all’arresto di 15 persone, sospettate di aver messo le mani su una serie di lavori sull’autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria, secondo gli inquirenti è un sindacalista della Fillea Cgil del comprensorio di Gioia Tauro, Noè Antonio Bazzana, 58 anni, assunto come assistente di cantiere dell’impresa “Baldassini & Tognozzi” nell’agosto del 2004. Il sindacalista “risulta essere il trait - d’union tra l’impresa “Baldassini & Tognozzi S.p.A.” e le cosche della piana di Gioia Tauro. Per meriti “personali” e per l’abilità dimostrata nei rapporti del grande affare dell’A3” egli veniva assunto dall’impresa toscana al quale “offriva la gestione di ogni aspetto della fase organizzativa del cantiere, a partire dalla sistemazione dell’ufficio di Gioia Tauro (ospitato in un immobile il cui proprietario è vicino al clan Piromalli), dell’assunzione degli operai, dei rapporti con le maggiori imprese subappaltatrici che affiancavano la società fiorentina e con i fornitori di calcestruzzo”. “Non a caso - si legge ancora nel provvedimento - le imprese designate per i movimenti terra e per le forniture di calcestruzzo, in un primo momento la Edilmag s.r.l. e la G.D. Calcestruzzi di Giacobbe Vincenzo, operavano ognuno secondo la propria competenza territoriale. Successivamente si aggiungeva un altro fornitore di Gioia Tauro: la Calcestruzzo Giacobbe Domenico s.a.s. ed anche questa risulterà essere condizionata dal potere mafioso”. Il sindacalista della Cgil è coniugato con una prima cugina della moglie di Gregorio Bellocco, 52 anni, per anni superlatitante”.
Tutti i nomi degli arrestati REGGIO CALABRIA. L’attività investigativa dell’operazione denominata “Arca”, contro le infiltrazioni mafiose negli appalti dei lavori sull’autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria, è stata portata avanti dal vicequestore Luigi Silipo, dirigente della sezione criminalità organizzata della questura di Reggio Calabria e vice capo della squadra mobile guidata da Renato Cortese. I provvedimenti restrittivi, emessi dal giudice delle indagini preliminari Angelina Bandiera, sono stati richiesti dal procuratore Franco Scuderi, dall’aggiunto Salvatore Boemi e dai sostituti, sempre della Direzione distrettuale antimafia, Nicola Gratteri e Roberto Di Palma. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere, quindici in tutto, riguardano Antonino Pesce, 54 anni di Rosarno; Pantaleone Mancuso, alias “Zu Luni”, (46) di Limbadi, già detenuto; Vincenzo Pesce (48) di Rosarno; Giuseppe Bonarrigo (53) di Rosarno; Giovanni Guarnaccia (54) di Reggio Calabria; Andrea Cutrupi (50) di Reggio Calabria; Salvatore Domenico Tassone (59) originario di Sorianello e residente a Polistena; Giuseppe Lo Duca (55) di Vezzano, Vibo Valentia; Antonio Paparo (45) di Isca sullo Ionio, Catanzaro; Domenico Giacobbe (72) di Gioia Tauro; Vincenzo Giacobbe (40) di Gioia Tauro; Noè Antonio Vazzana (58) di Rosarno; Antonio Guarnaccia (63) di Reggio Calabria; Antonio Pesce (44) di Rosarno. Un ultimo provvedimento restrittivo non è stato eseguito perché l’interessato è deceduto nell’anno in corso.
10/07/2007 Il Giornale di Calabria http://www.giornaledicalabria.net/

2 commenti:

  1. Minchia è sempre la solita storia un paese del cazzo popolato da cazzoni che non fanno altro che parlare e nel momento in cui dovrebbero far sentire la propria voce stanno a guardare come delle pecore ma d'altronde forse è questo che sono PECORE CODARDE.

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  2. non capisco se ti riferisci all'Italia, alla Calabria (credo)!!

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